Il trofeo velico nell'incertezza. Dopo il successo di Alinghi, solo cause e litigi: per l'anno prossimo si profila una sfida a due tra gli americani di Oracle e i detentori. Poi si tornerebbe al classico nel 2011 con nuove barche.
MILANO, 6 dicembre 2007 - Ernesto Bertarelli è un uomo di successo: negli affari e nella vela dove, da debuttante (nel 2003), ha conquistato il trofeo più antico del mondo. È stato anche il primo europeo a difenderlo nel 2007, ma anche il suo fluido magico è finito aspirato dalla coppa America. I coriandoli rossi che svolazzavano sulla vittoria di Alinghi il 3 luglio, dopo il 5-2 su Team New Zealand, si sono trasformati in altrettante (quasi) cause in tribunale o lettere di protesta. L’evento velico più ambito — che solo pochi mesi fa ha generato diversi milioni di euro di utili (divisi fra svizzeri e sfidanti) — adesso va alla deriva, fra litigi e ripicche, poca vela e molti tribunali.
FESTA FINITA - Cercando di riassumere: il giudice dell’Alta corte di New York, dopo aver inutilmente tentato di far accordare le parti, ha offerto due scenari possibili, a seguito di una causa intentata dagli americani di Larry Ellison: Coppa nel 2009 o, in alternativa, una sfida a bordo di multiscafi già l’anno prossimo, fra Alinghi e appunto il sindacato americano. Questa ipotesi non può essere sposata da nessuno come la migliore, almeno ufficialmente, ma allo stato dei fatti è la più probabile. Da una parte Alinghi non ha interesse a forzare la mano per avere una Coppa comunque ristretta (i consorzi iscritti sono 7) e con pochi sponsor. Da parte loro gli americani guidati da Russell Coutts — guarda un po’ il neozelandese che aveva trasferito la Coppa in Svizzera — hanno già fatto sapere che anche se dovessero vincere l’insolita sfida fra mostri marini, per la edizione successiva (nel 2011), gareggerebbero comunque a Valencia, rinunciando alla possibilità di traslocarla a San Francisco, sede naturale visto che corrono per il Golden Gate Yc. E gli altri sfidanti? Continuano (continuerebbero) a lavorare sulle barche che verrebbero introdotte (Ac90, acronimo di America’s Cup, il 90 sta per i piedi della lunghezza, circa 27 metri), ovviamente condividendo poco del pasticcio che si è creato.
LUNA ROSSA - Ma proprio questa pausa di riflessione imposta da cause in tribunale e "questioni di principio" potrebbe convincere Patrizio Bertelli a cambiare idea. In agosto aveva detto: America’s Cup addio, adesso invece ha confermato la base che aveva presso lo yacht di Valencia, ha bloccato la vendita delle vecchie Luna Rossa e ha fermato lo sgombero della base progettata da Renzo Piano. L’altra sera, poi, era fra i 9 consorzi rappresentati all’ennesima riunione dei possibili-probabili consorzi. Non è come lanciare una nuova sfida, ma è già molto per chi — anche poco tempo fa — aveva ribadito di aver chiuso il discorso Coppa. D’altra parte anche Mascalzone Latino (con Vincenzo Onorato) aveva deciso di lanciare la sfida (anche se per ora non è stata accettata) qualche settimana fa, visto che lo scenario si presentava diverso da quello prospettato da Alinghi il giorno dopo il successo sui neozelandesi.
FOLLIA - Insomma in tutto questo c’è un po’ follia: senza voler trovare colpevoli o santi. Chi corre la Coppa, in una maniera o nell’altra finisce in un territorio che ha poco a che fare con la logica. E non è solo questione di soldi — anche se ne corrono tanti —: così quello che era un giardino in cui tutti volevano giocare, con milioni di spettatori, adesso assomiglia all’orto fra le erbacce dietro casa. Aveva senso?
Gian Luca Pasini
giovedì 6 dicembre 2007
Coppa America
Pubblicato da liche alle 16:31
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